Perchè il Kintsugi

In tutti gli anni di lavoro, di ascolto e condivisione di storie mi sono resa conto che l’aspettativa e la richiesta del dolore dell’altro era di “poter essere riparato”.

Che le ferite inferte potessero guarire, scomparire le cicatrici.

Fatica e affanno in questa impossibile impresa.

Non si può promettere questo

Le ferite, le crepe, le rotture, le rughe…l’imperfezione, che irrompe su una superficie levigata.

Ogni ferita è una narrazione, e  possiamo iniziare a raccontarne la storia, a riconoscerla come preziosa perché è nostra e nuove  e nostre sono le parole del nostro racconto.

Noi ascoltiamo racconti, noi “abbracciamo danni”

Ma cosa restituire di questo ascolto quando l’altro ci porta i cocci e l’impotenza e il dolore per tutto quello che sente che si è rotto?

“…riconoscere la curvatura naturale dei pezzi che ha davanti a sé e restituirli alla loro storia originaria…”

frammenti considerati senza futuro possono riprendere forma, una nuova forma

 la scena si illumina , dalle crepe filtra la luce

Nulla è rotto definitivamente

E’ stato così ,ascoltando che ho iniziato a cercare testi, immagini, parole CHIAVE , è stato così che mi sono imbattuta nel KINTSUGI e in molto altro ancora…….

  “C’è una crepa in ogni cosa, e da lì entra la luce”.

            (Leonard Cohen. ANTHEM)

   Don Filippo Morlacchi Sacerdote fidei donum Gerusalemme

   (Restaurare le anime)